giovedì 3 marzo 2011

GOLDWORD intervista Lord Madness

Sul finire del 2010 è uscito “Suicidio” (Trumen Records/Self), primo album solista per Lord Madness, artista capitolino molto attivo, da anni, sulla scena. Prima militando nella crew degli Inquilini (andate a recuperarvi il loro disco d’esordio!) poi proseguendo in solitario il proprio percorso artistico. Suicidio è un bel disco, con delle buone produzioni, potenti ma calde, ed un mc dal flow solido e rapidissimo. Per godere appieno di tutti gli incastri lessicali di Madness avrete bisogno di risentirvi i pezzi svariate volte, metafore e doppi sensi la fanno da padrone.
Abbiamo mandato un po’ di domande a Madness, e queste sono le sue risposte.

Deiv Parliamo un poco dell’album: come lo avevi pensato? E’ uscito come te lo immaginavi? Di chi sono le produzioni?
Madness Inizialmente la scrittura del disco era incentrata su rime tendenzialmente autocelebrative con un’attitude schizofrenica, poi nella mia vita qualcosa è cambiato facendo automaticamente emergere una voglia di espressività più profonda ed autobiografica. La tracklist ha questa particolarità, che in molti hanno notato, è come se “Suicidio” sia diviso in lato A e lato B, il primo piu tendente all’ironia e il secondo più drammatico. Da “buon” paranoico riscriverei tutto daccapo, ma ragionando in maniera razionale non posso che essere soddisfatto di come il prodotto sia uscito. Le produzioni sono affidate a Peight, per me un vero e proprio talento del beatmaking, volevo un sound vario ma allo stesso tempo omogeneo, ricercato ma che mantenesse un gusto classic shit, lui mi ha dato quello che cercavo.
Deiv Che tipo di suicidio è il tuo? Artistico, commerciale, umano?
Madness Il mio “Suicidio” è umano in quanto esperienza personalmente vissuta, raccontata dettagliatamente in qualche episodio del disco. Non è facile risultare credibili quando un concept del genere è stato gia affrontato abbondantemente, ho ancora la speranza che il vero riconosca il vero e sgami i pagliacci che dicono solo per provocazione gratuita. Lo potrei intendere anche come suicidio commerciale, ora che mi ci fai pensare, mettere sul mercato un progetto simile, con un gusto strettamente hip hop è davvero un suicidio, tenendo anche conto della complessità del mio rhyming. Però mi ritengo un combattente dalla nascita e le sfide mi affascinano quindi non mollo e miro ad allargare il mio bacino di utenza.
 Deiv Tu dici, all’inizio del disco, che sei di Roma Nomentana: puoi parlarci un po’ della scena romana?
Madness Io vengo da Roma Nomentana, periferia nord di Roma. Alle volte sono molto fiero della scena della mia città, alle volte un po meno, ma credo che questa sia una cosa normale, coesistono grandi artisti e grandi buffoni, c’ho fatto l’abitudine in verità, sottolineo che non sono nessuno per giudicare e che quando parlo in questi termini non lo faccio da rapper ma da ascoltatore, quindi come fruitore di rap, da metà degli anni 90, mi sento di poter dire anche io la mia a riguardo. Sono stanco anche di parlare di meritocrazia, cosa che nell’hip hop prima esisteva ed ora no, i metri di giudizio sono le views, le foto ritoccate, le richieste di amicizia e queste cazzate qua, si finisce per ritrovarsi mc scadenti spacciati per validi. Un gran calderone insomma
Deiv Chi sono le puttane del rap che chiami in causa nel tuo disco?
Madness Le puttane del rap sono chi predilige il curare l’aspetto estetico ignorando totalmente l’aspetto artistico, avere un personaggio forte non è cosa sbagliata, ma è sempre meglio prediligere la personalità al personaggio. Poi per me se hai bicipiti e lacca in testa, se vieni dalla strada, dalla galera o se hai milioni di fans sotto i 14 anni ecc… sinceramente non me ne fotte un cazzo, fammi sentire le rime che fai e soprattutto come le fai, il resto sono solo chiacchiere per parruccare la mancanza di talento e per cercare consensi da parte di un pubblico di non addetti ai lavori. Ecco chi sono le puttane del rap. Però potrebbero anche essere le bambine che mettono la scritta hip hop ben in vista sul loro facebook, non so… young bitchez iz wack
Deiv Il brano con gli insulti nella tua segreteria telefonica è esilarante. Quanto c’è di vero in quelle telefonate?
Madness Lo sai come mi è venuta in mente quella cosa? Ho notato questa tendenza del momento di infamare gli artisti, ho riflettuto un po su cosa può scattare nel cervello di una persona che sente un pezzo rap e lascia un commento dove ti augura la morte. Penso che l’invidia possa diventare una vera e propria malattia se vissuta in modo maniacale. Poi di solito l’invidioso è anche un coniglio perchè non trova mai la forza di darti un suo parere, seppur negativo, guardandoti negli occhi, tra l’altro è il primo che conosce ogni tuo pezzo a memoria e che appena esce qualcosa di tuo corre a sentirselo, è un gran fan, solo che l’invidia fa si che cerchi di nasconderlo anche a se stesso. Mi faccio vanto del fatto che chi mi ascolta è una persona con knowledge e con un senso oggettivo nella valutazione. “La segreteria telefonica di Maddy” è uno skit del tutto inventato…o forse no…dai nessuno mi ha mai augurato la morte, però se sarò famoso come Danny Amatullo mi insulteranno troppo lo so…
Deiv Cosa puoi dirci della tua militanza negli Inquilini? Che ricordi hai di quell’esperienza?
Madness Ricordo che ero giovane, inesperto, e con voglia di fare musica con gli amici, ricordo che inizialmente era divertente, ricordo i palchi insieme agli altri, ricordo la svolta etichetta, il disco nei negozi e i viaggi, ricordo anche che mi cominciavo a stancare di tante piccole cose che poi piccole a conti fatti non erano, non mi dilungherei sull’ argomento, ricordo anche la poca unità negli intenti e nei modi di vedere la musica, ricordo che mi ero rotto i coglioni di essere Madness degli Inquilini e volevo essere Madness e basta, in definitiva questo spiega tutto.
Deiv “L’mc più potente è quello col fisico più fragile.” Cosa intendi con questo?
Madness Sai quanto peso? Dai non te lo posso dire, però qualche kilo l’ho messo su, l’ amata amatriciana ha i suoi effetti benefici sul mio corpo anche se un po meno sul mio stomaco. Poi ho sbagliato nettamente, la parola fragile non è direttamente proporzionale all’ aumento di pubblico femminile, quindi spero che nessuno ne tenga conto e pensi a me come un rapper agile e longilineo più che fragile. Malgrado tutto la tenuta di fiato c’è!!! Alla fine la rima è solo un’immagine che vede me sul palco avventurarmi in metriche ai confini della realtà in mezzo ad altri rappers con spalle il doppio delle mie a petto nudo e con una pistola infilata nei jeans… hehehe.

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